Categoria: Avventura
Lavori e tempo libero
In attesa della partenza su #gentilina i lavori proseguono… e non solo 😂😂😂
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Una sola vita ci basterà?
Einstein spiegava la relatività in maniera molto efficace; stai un’ora seduto con una bella ragazza e ti sembrerà sia passato un minuto. Stai un minuto seduto su di una stufa e ti sembrerà siano passate ore.
Semplice no? Oggi mi è capitato un episodio molto triste che ho poi collegato a ciò che stiamo facendo al momento, e cioè sfogare tutto ciò che non ci servirà piu nella nostra nuova vita in barca.
Ero sotto casa, stavo per entrare dal Sig. Luigi ad acquistare qualcosa per cena. Dato che stavo telefonando mi sono soffermato sulla porta d’ingresso girandomi verso via Morera. Un piccione beccava qualcosa in mezzo alla strada e non si è accorto della macchina che arrivava alle sue spalle, tonk, radiatore dritto sulla sua testina. Rimane intontito fino al sopraggiungere della seconda macchina e qui avrete capito cosa è successo. Mi è rimasto impresso soprattutto il rumore, uno schiocco forte. Forse la ragazza alla guida non lo ha nemmeno visto.
Come dicevo, a casa stiamo svuotando e vendendo, o regalando, tutto ciò che non ci servirà in barca. Aprendo i cassetti e tirando fuori “roba” mi sono reso conto di quante migliaia di euro abbiamo speso in cavolate inutili. Abbiamo non so quanti piatti, posate, ammennicoli mai usati, giochi usati una volta, vestiti e altro, che ora sono lì a fare bella mostra di se in mezzo alla casa in tutta la loro maestosa inutilità. In un famoso film Brad Pitt dice che “Alla fine le cose che possiedi ti possiedono”, è vero, senza ombra di dubbio. Senza voler entrare in speculazioni filosofiche sulla nostra società, immagino che comprare “roba” sia immediatamente gratificante per i nostri sensi basici.
Qual’è il numero giusto di piatti da tenere in cucina? E di quante copertine colorate abbiamo bisogno per il divano? Non lo so. Facendo conto che lo spazio a disposizione sulla barca è sicuramente inferiore a ciò a cui siamo abituati è un problema non da poco. Abbiamo sfogato non so quanti sacchetti, borsoni e altro per l’Humana. Riciclato almeno 200kg di plastica e venduto mobilio e altro ancora. E abbiamo ancora la casa piena o quasi…
Ci è servita veramente tutta sta roba in casa? Ancora non lo so, tante cose nemmeno me le ricordavo e venderle o buttarle non ha rappresentato un distacco particolarmente profondo, anzi, mi girano solo le balle per quello che stiamo buttando e per l’impatto avuto sull’ambiente a fronte del niente.
…Quel piccione un secondo prima di cominciare il suo viaggio di ritorno chissà cosa avrà pensato. Mi chiedo spesso quale potrà mai essere il mio ultimo pensiero. Spero sia una cosa bella, un bel ricordo. E quindi mi voglio chiedere “cosa serve veramente per essere felice?” Ed anche qui l’unica cosa che mi viene in mente è che la formula per la felicità è differente per ognuno di noi. Per me la felicità è passare più tempo possibile con le persone a cui voglio bene. Le cose che abbiamo sono spesso solo un di più ma i momenti passati insieme, belli e brutti, restano per sempre. E prima di schioccare come il piccione sono contento di liberarmi del superfluo optando per lo stretto indispensabile di modo da poter dedicare più tempo a coltivare la nostra felicità.
E quindi ritorno alla relatività… “Organizza la tua vita in maniera da arrivare ad un punto in cui saprai di essere felice e che tutto il tempo che hai impiegato per essere lì non lo hai speso vanamente. La strada da percorrere è un senso unico e finisce nella stessa modo per tutti noi, perché voler arrivare alla fine della strada senza voler provare ad essere felici?”.
La vita è relativa, fate quello che più vi piace il più spesso possibile e se ancora non sapete cosa vi rende felici non smettete di provare.
Mi sento di poter azzardare che una coperta colorata o il divano nuovo non hanno chance di rendervi felici, a meno che ovviamente non siate in età per cui divano e coperta d’inverno sono il Top 😂
Detto questo:
– il piccione ha tutta la mia ormai inutile solidarietà
– mi auguro di poter rimanere positivo anche nei momenti più bui della mia vita
– mi auguro di non rappresentare mai un ostacolo alla felicità di nessuno
– due cambi di biancheria a testa sono più che sufficienti…
Viva la felicità e chi sta provando a raggiungerla!
Una domenica tranquilla…
Oggi, come facciamo spesso quando Marina ha un giorno libero, abbiamo organizzato un uscita in barca al lago sulla nostra amata Pupaccia, la barca che mio padre compró circa 25 anni fa.
Già stamattina il tempo era un po’ muta forma, ma abbiamo scommesso su di una apertura del cielo e difatti non appena arrivati ad Angera è uscito il sole! Un po’ di difficoltà ad uscire causate dall’abbassamento del lago. Questo succede quando in Svizzera decidono di incamerare acqua per periodi di siccità prolungati sulla base di accordi presi nel 1940 o giù di lì. Fatto sta che in due settimane il lago ha già perso 50 cm e per questo sono affiorate le alghe. Quindi uscire con la barchetta diventa abbastanza difficoltoso dato che per uscire dal porto di Angera bisogna proprio passargli in mezzo.. La manovra è abbastanza semplice; si accelera a manetta sperando di prendere abbastanza velocità per passare i banchi di alghe. Tutto qui. Una volta passati oltre le alghe per pulire il bulbo, la chiglia ma soprattutto l’elica (che nella Pupaccia è abbattibile, si chiudono le pale per offrire meno attrito all’acqua) si innesta la retromarcia e si compie un’evoluzione circolare per permettere appunto alle alghe di staccarsi autonomamente. Se così non fosse ci si cala simpaticamente in acqua e si va sotto la barca a toglierle manualmente. Ovviamente il motore dovrà essere in folle e, se le alghe sono molte, e preferibile calare una cima per tenersi. Sono come sabbie mobili, non ci puoi nuotare dentro!
La giornata procede bene fino a quando il vento comincia a rinforzare. Ammainiamo il Genoa, ritiriamo la vela e viriamo per tornare in porto. Comincia a piovere e, proprio all’entrata di Angera ci accorgiamo che le alghe sono veramente ovunque. Sono così tante che galleggiano letteralmente sopra l’acqua.
Partiamo a tavoletta contro il banco, d’altronde l’unica strada è quella! Il motore sgasa allegro come un tamarro sul booster fino a che, piano piano sentiamo la barca appesantirsi e fermarsi.. Marina impavida si butta in mezzo alle alghe al grido di “qualcuno si butti con me che mi fa schifooooo!” Detto fatto ed un secondo dopo c’è in acqua anche Pietro. A motore in folle (a meno che non piaccia la marmellata di mani) strappano alghe come se non ci fosse un domani. La barca intanto vuole proprio spostarsi dove toccherebbe il fondo con il bulbo (il contrappeso della barca). Finalmente liberano l’elica, risalgono a bordo e ci lanciamo di nuovo in mezzo al banco. E a questo punto penserete che siamo dei deficienti, ma tant’è, o così o si passa la notte sul lago ad aspettare che le alghe si spostino. E siccome era finito il vino e pure la birra la voglia di fermarsi era poca. Un po’ in avanti è un po’ in retro maciniamo qualche quintale di alghe e guadagnano l’entrata del porto.. e li arriva il delirio..
Questo qui sopra sono io, fotografato da Marina dal boccaporto di prua, che ho dovuto correre come un pazzo e saltare giù dalla barca, avvinghiarmi ad un palo a caso, e mentre con una mano tenevo la barca con l’altra cercavo di legare una cima per ormeggiarla, come si può dire, a cdc. Tutto ciò perché mentre Pietro manovrava per entrare è arrivata una raffica e la barca, al posi di avanzare, ha cominciato ad arretrare. In più, guarda il caso, il cavo dell’acceleratore decide di staccarsi…
Ma poco male, ormai siamo ormeggiati e sicuri, non fosse che la Pupaccia tocca contro il molo ed io, già cerato e con fare da parcheggiatore abusivo, scendo per tenerla lontana dal pontile. Tutto è bene ciò che finisce bene. Belle manovre e tutti bravi. Unico appunto, il nostro amato tenderino, lo Scagarr-1, già salvato una volta dal furto, decide di mollare gli ormeggi e correre libero come un unicorno verso l’arcobaleno.
Addio glorioso Scagarrone, che tu possa viaggiare felice.
E questo è il video della calma dopo la tempesta..
Benno
Benno
“…sembra il rumore di un motore!”
“Ed eccolo che appare da dietro la punta della laguna…” …lo conosco, lo conosco! E’ Benno!” Lo affero e lo tiro a bordo. E’ l’amico tedesco che avevamo perso in Venezuela e ritrovato ora a Niuatoputapu… …Ci eravamo incontrati a Los Roches. Benno era andato via dalla Germania perché aveva problemi cardiaci. No parla inglese, non sa navigare, non conosce l’esistenza dei portolani (che sono la lonely planet del mare per intenderci) e comunque parla solo tedesco, naviga lungo la costa con cartine turistiche stradali..
Eppure
..con una barca di 14 metri (sono tanti in due) con due alberi (veramente una gran fatica) erano arrivati fino in Venezuela, soli lui e la moglie, di professione macellaia, che sa parlare solo il tedesco che si parla a Francoforte e che passa le giornate a cucinare, lavorare all’uncinetto e a tenere la barca.” Tratto da “Sotto un grande cielo” edito da Mursia.
Non ci si deve stupire per la storia di Benno, ve ne sono anche di più stupefacenti, tipo quella di Alberto, un ragazzo di 37 anni argentino che, facendosi aiutare da tre indios, si è auto costruito da un tronco intero una canoa di 4,5 metri con cui ha attraversato il pacifico (addirittura è rimasto in mare per 2700 miglia con un pacchetto di Muesli e 20lt di acqua mangiando poi pesci, molluschi attaccati allo scafo e poco più ma arrivando a Papeete con una gran fame e in ottima forma).
Sia Benno che Alberto sono persone che hanno scelto la barca come mezzo per esplorare il mondo e forse per entrare a contatto con una dimensione meno terrena e più spirituale quale è la vita stessa. In questo nostro viaggio che è appunto un viaggio di scoperta sia io che Marina vorremmo crescere come essere umani ed al contempo non solo essere presenti per i nostri bimbi, ma addirittura dargli un esempio da seguire.
Ma forse esagero e solo il tempo ci dirà se la nostra direzione è quella giusta, anche se finora abbiamo ricevuto molte dimostrazioni di stima (per cui vogliamo ringraziare tutti). Il cambiamento è sicuramente grande ma credo che sia proprio questo cambiamento che ci sta rivitalizzando. Ci si parano davanti problemi che sembrano sempre enormi e poi una volta superati non erano così esagerati. E’ insomma un periodo di dubbi, dai più Amletici ai meno spirituali (quale pentola porto? Eolico o Solare o tutti e due? Bandiera Italiana o Belga? O mai provato a far la pasta in rada con le onde J ?) E poi è bello mettersi seduti la sera e scrivere dove vorremmo andare, cosa vorremmo provare a fare e via così. E’ qualcosa che sicuramente unisce.
E quindi viva i Benno e gli Alberto che dimostrano che cambiare anche con poco è possibile e ci fanno sentire meno soli in questa decisione che ai nostri occhi di cittadini potrebbe sembrare da matti!
Avremo sicuramente tanto da raccontare su queste pagine ma soprattutto vogliamo tornare ad essere padroni del nostro tempo per Ascoltare ed Ascoltarci.
F.
Qui sotto una foto di Alberto con la sua Ave Marina, la canoa con cui è partito da Panama ed è arrivato fin nelle Filippine.